Il primo Convegno Internazionale AA

Cleveland, OH, 1950
di Nancy O.

Il primo Convegno Internazionale AA si tenne a Cleveland dal 28 al 30 luglio 1950.

Gli iscritti ad AA si avvicinavano ormai ai centomila e i gruppi nel mondo erano tremilacinquecento. La decisione di organizzare questo primo convegno internazionale fu un ottimo esempio di come Bill Wilson riuscisse sempre a tenere sotto controllo le tendenze che minacciavano di dividere AA. La sua enorme popolarità personale era il cemento che teneva unito AA, ma era anche qualcosa che altri membri di AA pensavano di poter ottenere se fossero diventati i leader dell’organizzazione.

Nel 1946, a Cleveland c’erano più di duemila membri AA, molti più che a New York. Chicago ne aveva più del doppio rispetto a New York, e Detroit circa lo stesso numero. Molte persone in queste località non capivano perché AA dovesse essere gestita da Bill Wilson e da New York.

Si tenevano già molti raduni statali e regionali AA, e il Texas, tra gli altri, stava pianificando un proprio convegno internazionale, indipendente da New York e dall’Alcoholic Foundation.

Bill Wilson, con quella che Hartigan definì “diplomazia disraeliana”, disse ai membri del Texas che secondo lui andava bene invitare chiunque volessero al loro raduno prevista per il 1952, ma suggerì di non chiamarlo “internazionale” perché ciò avrebbe potuto spingere altri stati a fare lo stesso.

Bill iniziò quindi rapidamente a organizzare un proprio convegno internazionale, da tenersi prima di quello previsto in Texas.

Tremila persone parteciparono al primo convegno internazionale a Cleveland alla fine di giugno 1950. Questo fu l’unico Convegno Internazionale a cui prese parte il Dott. Bob. Sua moglie, Anne, era morta l’anno prima, e Bob era molto malato di cancro.

Bill scelse Cleveland per diverse ragioni:

  • Sarebbe stato possibile per il Dott. Bob partecipare, dato che non era lontano da Akron.
  • Aveva una delle più grandi e antiche concentrazioni di alcolisti sobri.
  • Era il territorio di Clarence Snyder (il “Maestro Birraio Domestico”), che aveva iniziato a sostenere di essere il fondatore di AA. Basava questa affermazione sul fatto che, quando i membri di Cleveland si erano staccati dal gruppo di Akron perché i sacerdoti vietavano ai cattolici di partecipare agli incontri dell’Oxford Group, il gruppo di Cleveland era stato il primo a usare il nome Alcolisti Anonimi.
  • La pianificazione de convegno richiedeva molta collaborazione tra Cleveland, Akron e New York, il che avrebbe aiutato a ridurre le tensioni tra i tre gruppi.

Per dimostrare l’importanza del tutto più grande a cui ogni gruppo era unito, Bill aprì il raduno indossando una lei (ghirlanda di fiori hawaiana) sulla spalla destra. Spiegò che era un dono per tutti gli AA da parte di un gruppo i cui membri non avrebbero mai partecipato a nessun raduno AA tranne i propri: il gruppo AA della colonia di lebbrosi alle Hawaii.

Il Dott. Bob, il cui cancro era dolorosamente avanzato, parlò solo brevemente. L’esperienza lo sfiancò. Lasciò il convegno in anticipo e fu riportato a casa ad Akron. Morì entro sei mesi, il 16 novembre 1950.

Ma durante il suo breve discorso disse ai membri riuniti:

«Miei cari amici AA e amici di AA, sento che sarei molto negligente se non cogliessi questa occasione per darvi il benvenuto qui a Cleveland, non solo a questo incontro ma anche a quelli già svolti. Spero vivamente che la presenza di tante persone e le parole che avete ascoltato si riveleranno per voi fonte d’ispirazione — non solo per voi, ma che vi dia modo di poter anche trasmettere quell’ispirazione ai ragazzi e alle ragazze a casa che non hanno avuto la fortuna di poter venire. In altre parole, speriamo che la vostra visita qui sia stata sia piacevole che proficua.

“Provo una grande emozione nel guardare questo vasto mare di volti, pensando che forse qualche piccola cosa che ho fatto anni fa abbia avuto una parte infinitamente piccola nel rendere possibile questo incontro. Provo anche una certa emozione nel pensare che tutti noi avevamo lo stesso problema. Facevamo le stesse cose. Otteniamo gli stessi risultati in proporzione al nostro zelo, entusiasmo e perseveranza.

“Se mi permettete vorrei inserire una nota personale in questo momento, devo dirvi che sono stato a letto cinque degli ultimi sette mesi, e le mie forze non sono tornate come avrei voluto, quindi le mie parole saranno necessariamente molto brevi.

“Ci sono due o tre cose che mi sono venute in mente e su cui sarebbe opportuno porre un po’ di enfasi. Una è la semplicità del nostro programma. Non complichiamo tutto con complessi freudiani e cose interessanti per la mente scientifica ma che hanno ben poco a che fare con il nostro effettivo lavoro in AA. I nostri Dodici Passi, se ridotti all’essenza, si risolvono nelle parole ‘amore’ e ‘servizio’. Sappiamo cos’è l’amore, e sappiamo cos’è il servizio. Teniamo quindi a mente queste due cose.

“Ricordiamoci anche di controllare quel membro errante che è la lingua, e se dobbiamo usarla, usiamola con gentilezza, considerazione e tolleranza.

“E ancora una cosa: nessuno di noi sarebbe qui oggi se qualcuno non avesse trovato il tempo di spiegarci le cose, di darci una pacca sulla spalla, di portarci a un incontro o due, di compiere numerosi piccoli gesti gentili e premurosi per noi. Non diventiamo mai così compiaciuti da non essere disposti a offrire, o tentare di offrire, ai nostri fratelli meno fortunati quell’aiuto che è stato così benefico per noi. Grazie mille.»

Bill utilizzò il suo tempo sul palco per esortare a mettere al primo posto l’unità di AA. Fu qui che chiese ad AA di approvare le Tradizioni di AA e di concordare l’istituzione del sistema di rappresentanza noto come Conferenza AA. La versione più lunga delle Tradizioni era stata abbreviata su suggerimento e con l’aiuto di Earl Trent (“He Sold Himself Short”), che aveva fondato AA a Chicago.

Tra coloro che si opponevano all’idea della Conferenza c’era, tra gli altri, Henrietta Seiberling, la donna non alcolista dell’Oxford Group che aveva presentato Bill e il Dott. Bob. Nonostante il sostegno del Dott. Bob all’idea della Conferenza, il massimo che Bill riuscì a ottenere durante la convenzione di Cleveland fu l’approvazione per sperimentare l’idea su base provvisoria.

Tuttavia, il Convegno di Cleveland fu un evento memorabile. Non solo approvò le Tradizioni, ma stabilì un precedente per i futuri Convegni Internazionali. Da allora, si tengono ogni cinque anni.

Tex Brown, che era al tempo presente, me ne parlò durante il Convegno Internazionale del 2000 a Minneapolis. Gli chiesi di scriverne per pubblicarlo. Ecco parte di ciò che scrisse:

«Nel 1950 partecipai al primo Convegno Internazionale AA a Cleveland. Fu una cosa meravigliosa e un momento meraviglioso. Tutti erano entusiasti di tutto. Soprattutto di vedere e ascoltare Bill e il Dott. Bob. Penso che fu lì che capimmo che AA stava davvero funzionando e che saremmo rimasti.

“Un ricordo speciale che ho è quello di vedere una famiglia Amish (per la prima volta) tutta vestita con gli abiti della domenica, su un calesse trainato da cavalli sull’autostrada appena fuori Cleveland. Il giorno dopo, nel grande incontro del Convengno, eccoli lì. L’uomo che guidava il calesse (Miles?), col suo grande cappello, correva su e giù per i corridoi stringendo mani. Sembrava conoscere tutti. Era uno dei nostri primi membri.»

**Domenica mattina si tenne l’”Incontro Spirituale”. Andai molto emozionato all’idea che avrei stretto la mano ai veri “pesi massimi” nel campo di Dio. Non ricordo il nome del relatore principale, ma il suo intervento ruotava attorno all’idea che l’alcolista sarebbe stato lo strumento che Dio avrebbe usato per rigenerare e salvare il mondo. Sosteneva che gli alcolisti fossero il Popolo Eletto di Dio e cominciò a parlare del “Terzo Patto” (i due precedenti patti con il popolo ebraico sono descritti nell’Antico Testamento), quando fu interrotto da obiezioni urlate dal fondo della sala. L’oppositore, che si rivelò essere un piccolo prete cattolico, non si lasciò zittire.

Ci fu caos e imbarazzo mentre l’incontro veniva rapidamente sospeso. Ero turbato e in piena sintonia con il povero relatore. All’epoca non lo capii, ma avevo visto Padre Pfau (Padre Ralph Pfau di Indianapolis) all’opera, e Padre Pfau aveva ragione. Avevo sentito la coscienza di gruppo e l’avevo rifiutata.”

Ma ecco come Bill Wilson descrisse il Convegno Internazionale del 1950:

“Nel 15° anniversario di AA, tutti sapevano che eravamo cresciuti. Non potevano esserci dubbi. Membri, famiglie e amici — settemila in tutto — trascorsero tre giorni ispiranti, quasi maestosi, con i nostri ospiti di Cleveland.

Il tema della nostra Conferenza fu la gratitudine; la sua nota dominante fu la certezza di essere ormai uniti come un solo corpo in tutto il mondo. Come mai prima, ci dedicammo all’unico scopo di portare la buona novella di AA a quei milioni che ancora non la conoscono.

Mentre confermavamo le Tradizioni di Alcolisti Anonimi, chiedemmo di rimanere in perfetta unità sotto la Grazia di Dio finché Egli avesse bisogno di noi.

Ma cosa facemmo esattamente? Beh, tenemmo incontri, tanti incontri. Quello medico, per esempio. Il nostro primo e più grande amico, il dottor Silkworth, non poté esserci. Ma il suo collega al Knickerbocker Hospital di New York, il dottor Meyer Texon, colmò egregiamente il vuoto, spiegando come un ospedale generale potesse relazionarsi al meglio con noi. Rafforzò le sue argomentazioni descrivendo come, negli ultimi quattro anni al Knickerbocker, 5000 ubriaconi fossero stati sponsorizzati, seguiti e reinseriti in AA, con grande soddisfazione di tutti, compreso l’ospedale, il cui consiglio era entusiasta dei risultati e apprezzava particolarmente il fatto che le modeste fatture fossero sempre saldate, puntualmente. Chi aveva mai sentito di 5000 ubriaconi che pagavano davvero i propri conti? Poi il dottor Texon ci aggiornò sulla malattia dell’alcolismo come la vedevano al Knickerbocker: un disturbo della personalità legato a un craving fisico. Questo aveva perfettamente senso per la maggior parte di noi. Il dottor Texon lanciò un avvertimento serio ai potenziali “ricaduti”: la questione del fegato. Disse che quell’organo paziente avrebbe sicuramente sviluppato noduli o, magari, una cirrosi galoppante, se avessero continuato a sbevazzare. Aveva anche una teoria nuova di zecca sull’acqua salata, sostenendo che ogni alcolizzato in libertà aveva una grave carenza di sale. Riempire il malcapitato di acqua salata, disse, lo avrebbe calmato all’istante. Naturalmente pensammo: ‘Perché non mettere tutti gli ubriaconi a bere acqua salata invece di gin? Così il problema mondiale dell’alcolismo si risolverebbe in una notte.’ Ma questa era un’idea nostra, non del dottor Texon. A lui, molte grazie.

Passando all’incontro industriale: Jake H., della U.S. Steel, e Dave M., della Dupont, entrambi AA, lo condussero. Il signor Louis Selser, direttore del Cleveland Press, concluse la sessione e fece scrosciare gli applausi. Jake, come dirigente della Steel, rivelò cosa pensava davvero l’azienda di AA — e tutto era positivo. Jake sottolineò l’enorme potere d’acquisto collettivo degli AA — tra 1/4 e 1/2 miliardo di dollari all’anno. Invece di essere un peso nervoso per le tasche della società, eravamo ora, per lo più, lavoratori di prim’ordine in grado di contribuire con una media annua di 4.000 dollari a testa al benessere del paese. Dave M., addetto al personale alla Dupont con un occhio di riguardo al problema alcolico dell’azienda, raccontò cosa aveva significato per la Dupont e i suoi dipendenti di ogni livello il “Nuovo Approccio” al bere problematico. Secondo Dave, la sua azienda crede fermamente in AA.

Ma il contributo più commovente del seminario industriale fu senza dubbio quello del direttore Louis Selser. Il signor Selser ci parlò dal punto di vista di un datore di lavoro, cittadino e giornalista veterano. Fu una delle più toccanti espressioni di fiducia totale in Alcolisti Anonimi che avessimo mai sentito. Era quasi troppo bello per essere vero; le sue implicazioni ci misero quasi a disagio. Come avremmo potuto noi AA, così fallibili, essere all’altezza delle grandi speranze del signor Selser per il nostro futuro? Cominciammo a chiederci se la reputazione di AA non stesse diventando migliore della sua effettiva sostanza.

Poi venne quella meravigliosa sessione sulle carceri. Il nostro grande amico, il direttore Duffy, raccontò la storia straordinaria del nostro primo gruppo a San Quentin. Il suo resoconto dei 5 anni di AA lì ebbe un preludo commovente. Ascoltammo una registrazione, presto trasmessa alla radio, che drammatizzava con emozione un episodio reale di vita AA tra quelle mura. Un detenuto alcolista reagisce con amarezza alla sua reclusione e sviluppa un’ingegnosità sorprendente nel trovare e bere alcol. Presto diventa troppo ingegnoso. Nel laboratorio di pittura della prigione scopre un liquido promettente che condivide con i suoi compagni alcolisti. Era veleno mortale. Seguirono ore angoscianti, durante le quali molti di loro morirono. L’intera prigione era tesa mentre il bilancio delle vittime continuava a salire. Solo trasfusioni di sangue immediate avrebbero potuto salvare i sopravvissuti. Il Gruppo AA di San Quentin si offrì all’istante e trascorse il resto di quella lunga notte donando se stesso come mai prima. AA non era mai stato molto popolare, ma ora nel morale del carcere raggiunse il massimo storico e vi rimase. Molti sopravvissuti si unirono. Il primo Gruppo Carcerario aveva lasciato il segno; AA era arrivato a San Quentin per restare.”

Il direttore Duffy continuò. A quanto pare, noi gente di fuori non sappiamo nulla dello scetticismo che si trova in prigione. L’incredulità dei detenuti e del personale di San Quentin era stata enorme. Pensavano che AA fosse una truffa. O forse una religione da pazzi. Poi, obiettò il consiglio carcerario, perché tentare la sorte mescolando liberamente detenuti ed estranei, soprattutto donne alcoliste? Sarebbe scoppiato il caos. Ma il nostro amico direttore, profondamente convinto per qualche motivo, insistette per AA. Fino ad oggi, disse, non è mai stata infranta una sola regola durante un incontro AA, nonostante centinaia di riunioni siano state frequentate da centinaia di detenuti con quasi nessuna sorveglianza. A malapena serve quella guardia solitaria e comprensiva che siede in ultima fila.

Il direttore aggiunse che oggi la maggior parte delle autorità carcerarie negli Stati Uniti e in Canada condividono la sua opinione su Alcolisti Anonimi. In passato, l’80% dei detenuti alcolisti in libertà vigilata doveva essere riacciuffato e riportato in prigione. Molti istituti ora riferiscono che questa percentuale si è ridotta alla metà, persino a un terzo rispetto a prima. Il direttore Duffy aveva viaggiato per 2000 miglia per essere con noi a Cleveland. Capimmo presto perché. Era venuto perché è un grande essere umano. Ancora una volta, noi AA ci sedemmo a chiederci quanto la nostra reputazione avesse superato il nostro vero carattere.

Naturalmente noi uomini non potemmo partecipare all’incontro delle signore alcoliste. Ma non abbiamo dubbi che abbiano trovato modi per combattere lo stigma schiacciante che ancora grava su quelle povere ragazze che cadono nella bottiglia. Forse le nostre signore avevano anche discusso come tenere il grande lupo cattivo a una distanza rispettosa. Ma no, la sorella AA che trascrive queste righe mi assicura con tono deciso che non se ne parlò affatto. Fu un incontro meravigliosamente costruttivo, dice. E vi parteciparono circa 500 ragazze. Pensateci, AA aveva quattro anni prima che riuscissimo a farne sobria anche solo una. La vita per una donna alcolista non è certo una sinecura.

Né furono trascurati altri sofferenti particolari, come le segretarie retribuite dei Gruppi Intermedi, le semplici segretarie quotidiane, i nostri redattori di giornali e le mogli e i mariti degli alcolisti, a volte definiti i nostri “dimenticati”. Sono sicuro che le segretarie conclusero che, anche se a volte poco apprezzate, amano comunque ogni momento del loro lavoro.

Cosa decisero i redattori, non l’ho scoperto. A giudicare dai loro efficaci sforzi nel corso degli anni, è del tutto possibile che abbiano escogitato molte idee ingegnose.

Tutti concordarono che l’incontro delle mogli (e dei mariti) fu rivelatore. Alcuni ricordarono come Anne S., ai primi tempi ad Akron, fosse stata compagna e consigliera per mogli sconvolte. Vedeva chiaramente l’alcolismo come un problema familiare.

Nel frattempo, noi AA ci impegnammo al massimo nel lavoro di far smettere di bere migliaia di nuovi alcolisti. Le nostre buone mogli sembravano completamente perse in quel gigantesco trambusto. Molte delle nuove località tenevano solo incontri chiusi; sembrava che AA stesse diventando esclusivo. Ma ultimamente questa tendenza si è invertita. Sempre più i nostri partner hanno fatto propri i Dodici Passi nella loro vita. Come prova, si veda il lavoro del 12° Passo che stanno facendo con le mogli e i mariti dei nuovi arrivati, e si notino bene quegli incontri per mogli che ora spuntano ovunque.

Al loro raduno di Cleveland, invitarono noi alcolisti ad ascoltare. Molti scettici AA lasciarono quella sessione convinti che i nostri “dimenticati” avessero davvero qualcosa di importante. Come disse un alcolista: “La profonda comprensione e spiritualità che ho sentito in quell’incontro delle mogli era qualcosa di straordinario.”

Il Convegno di Cleveland non fu fatto solo di incontri. Prendete quel banchetto, per esempio. O dovrei dire banchetti? Il progetto originale prevedeva abbastanza commensali da riempire la Rainbow Room dell’Hotel Carter. Ma i commensali fecero molto meglio. Gli allegri banchettanti traboccarono presto dalla Sala delle Feste. Alla fine, il Coffee Shop e il Petit Café del Carter dovettero essere svuotati per la folla in festa. Due orchestre furono reclutate e i nostri bravi artisti dovettero esibirsi due volte, sia al piano di sopra che al piano di sotto.

Anche se nessuno si presentò ubriaco, avreste dovuto sentire cantare quegli AA. Erano euforici. E perché no? Ma un tono serio emerse quando brindammo agli assenti. I primi a mancare ci furono ricordati da quell’AA delle Isole Marshall che, sebbene completamente solo laggiù, sosteneva che il suo gruppo avesse tre membri: “Dio, il libro Alcolisti Anonimi e io.” Il primo tratto del suo viaggio di 7000 miglia per Cleveland si era concluso alle Hawaii, da dove con grande cura e refrigerazione aveva portato una ghirlanda di fiori, quei lei per cui le isole sono famose. Uno di questi era stato inviato dagli AA lebbrosi di Molokai — quegli AA isolati che saranno sempre con noi, ma mai tra noi. Ci venne anche un nodo alla gola pensando al Dott. Bob, solo a casa, gravemente malato.

Un altro brindisi della serata fu per quell’AA che, più di ogni altra cosa, voleva essere a Cleveland quando raggiungemmo la maggiore età. Sfortunatamente non arrivò mai all’incontro sulle Tradizioni: era stato stroncato da un infarto. Al suo posto venne la vedova, che sedette con noi con serenità durante quel grande evento. Quanto bene sarà ricordato il suo quieto coraggio. Ma alla fine la gioia prese il sopravvento; ballammo fino a mezzanotte. Sapevamo che gli assenti avrebbero voluto così.

Diverse migliaia di noi si accalcarono nella Cleveland Music Hall per l’incontro sulle Tradizioni, che la maggior parte degli AA considerò il momento culminante della nostra Conferenza. Sei vecchi membri di provata esperienza, provenienti da luoghi lontani come Boston e San Diego, ripercorsero con belle parole gli anni di esperienza di AA che avevano portato alla stesura delle nostre Tradizioni.

Poi mi fu chiesto di riassumere, cosa che feci dicendo:

“Che, riguardo a tutte le questioni che influiscono sull’unità di AA, il nostro benessere comune debba venire prima di tutto; che AA non abbia alcuna autorità umana, solo Dio così come può esprimersi nella nostra Coscienza di Gruppo; che i nostri leader siano solo servitori fidati, non governino; che qualsiasi alcolista possa diventare membro di AA se lo afferma — non escludiamo nessuno; che ogni Gruppo AA possa gestire i propri affari come preferisce, purché i gruppi vicini non ne siano danneggiati; che noi AA alcolisti abbiamo un unico scopo — portare il nostro messaggio all’alcolista che ancora soffre; che di conseguenza non possiamo finanziare, appoggiare o prestare il nome ‘Alcolisti Anonimi’ a nessun’altra iniziativa, per quanto meritevole; che AA, in quanto tale, debba rimanere povero, affinché problemi di proprietà, gestione e denaro non ci distolgano dal nostro unico scopo; che dobbiamo essere autosufficienti, pagando volentieri noi stessi le nostre piccole spese; che AA debba rimanere per sempre non professionale, con il lavoro del 12° Passo mai retribuito; che, come Fratellanza, non dovremmo mai essere organizzati, ma possiamo comunque creare Comitati o Consigli di Servizio responsabili per garantire una migliore propagazione e sponsorizzazione, e che questi organismi possano assumere lavoratori a tempo pieno per compiti speciali; che le nostre relazioni pubbliche debbano procedere sul principio dell’attrazione piuttosto che della promozione, essendo meglio lasciare che siano i nostri amici a raccomandarci; che l’anonimato personale a livello di stampa, radio e immagini debba essere rigorosamente mantenuto come nostra migliore protezione contro le tentazioni del potere o dell’ambizione personale; e infine, che l’anonimato davanti al pubblico generale è la chiave spirituale di tutte le nostre tradizioni, ricordandoci sempre di mettere i principi prima delle personalità, di praticare una genuina umiltà. Tutto questo affinché le nostre grandi benedizioni non ci rovinino mai; affinché viviamo per sempre nella grata contemplazione di Colui che presiede su tutti noi.”

Terminato questo riassunto, chiesi se i presenti avessero obiezioni riguardo alle Dodici Tradizioni di Alcolisti Anonimi così come erano state presentate. Non udendone alcuna, proposi le nostre Tradizioni per l’adozione. Con impressionante unanimità, la folla si alzò in piedi. Così si concluse quell’ora memorabile in cui noi di Alcolisti Anonimi prendemmo in mano il nostro destino.

La domenica mattina ascoltammo un panel di quattro AA che rappresentarono il lato spirituale di Alcolisti Anonimi — come lo intendevano loro. Tra chi andava in chiesa e chi si alzava tardi dopo il banchetto, il Comitato de Convegno non aveva immaginato che questa sarebbe stata una sessione così partecipata. Ma i fedeli erano già tornati dalle loro devozioni e quasi nessuno rimase a letto. La sala delle feste dell’Hotel Cleveland era piena un’ora prima dell’inizio. Chi teme che AA stia perdendo interesse per le cose dello spirito avrebbe dovuto esserci.

Un silenzio scese sulla folla mentre ci fermammo per un momento di raccoglimento. Poi presero la parola i relatori, tutti sinceri e ben preparati. Non ricordo un raduno AA in cui l’attenzione fosse più totale o la devozione più profonda.

Eppure alcuni pensarono che quegli ottimi oratori, nel loro entusiasmo, avessero involontariamente creato un piccolo problema. Si percepì che l’incontro si era spinto troppo nella direzione del confronto religioso, della filosofia e dell’interpretazione, quando, per nostra consolidata tradizione, noi AA abbiamo sempre lasciato tali questioni strettamente alla fede scelta da ciascun individuo.

Un membro [Padre Ralph Pfau] si alzò con una parola di cautela. Mentre lo ascoltavo, pensai: “Che fortunata circostanza. Quanto bene ricorderemo sempre che AA non deve mai essere considerata una religione. Con quanta fermezza insisteremo sul fatto che l’appartenenza ad AA non può dipendere da alcuna credenza particolare; che i nostri dodici passi non contengono alcun articolo di fede religiosa, tranne la fede in Dio — come ciascuno di noi Lo intende. Con quanta attenzione eviteremo d’ora in poi qualsiasi situazione che potrebbe portarci a dibattere questioni di credo religioso personale.” Fu, sentimmo, una grande domenica mattina.

Quel pomeriggio entrammo nell’Auditorium di Cleveland. L’evento principale era la comparsa del Dottor Bob. In precedenza avevamo pensato che non ce l’avrebbe mai fatta, la sua malattia era stata così grave. Rivederlo fu un’esperienza che noi settemila custodiremo per sempre. Parlò con voce forte e sicura per dieci minuti, e ci lasciò una grande eredità, un’eredità con cui noi AA possiamo sicuramente crescere. Era il lascito di uno che era sobrio dal 10 giugno 1935, che aveva guidato il nostro primo Gruppo al successo, e che, nei quindici anni successivi, aveva dato sia aiuto medico che AA vitale a 4.000 dei nostri afflitti al buon St. Thomas Hospital di Akron, la culla di Alcolisti Anonimi. Semplicità, devozione, fermezza e lealtà; queste, ricordammo, erano le caratteristiche di quel carattere che il Dottor Bob aveva ben radicato in molti di noi. Anch’io potevo ricordare con gratitudine che in tutti gli anni della nostra associazione non c’era mai stata una parola di rabbia tra noi. Tali erano i nostri pensieri mentre guardavamo il Dottor Bob.

Poi, per un’ora, cercai di riassumere. Ma come si poteva aggiungere molto a ciò che avevamo visto, sentito e provato in quei tre meravigliosi giorni? Con sollievo e certezza avevamo visto che AA non sarebbe mai diventata esibizionista o un grande affare; che la sua umiltà e semplicità iniziali sono ancora molto presenti, che siamo ancora consapevoli che la nostra amata Fratellanza è in realtà il successo di Dio — non il nostro. Come prova, condivisi una visione di AA come Lois ed io l’avevamo vista dispiegarsi su una lontana spiaggia nella lontana Norvegia. La visione iniziò con un AA che ascoltò una voce nella sua coscienza, e poi disse tutto ciò che aveva.

George, un norvegese-americano, venne da noi a Greenwich, Connecticut, cinque anni prima. I suoi genitori in patria non avevano sue notizie da vent’anni. Cominciò a inviare lettere raccontando loro della sua nuova libertà. Tornarono notizie molto preoccupanti. La famiglia riferì che il suo unico fratello era in condizioni disperate, sul punto di perdere tutto a causa dell’alcol. Cosa si poteva fare? L’AA di Greenwich ebbe un lungo colloquio con sua moglie. Insieme decisero di vendere il loro piccolo ristorante, tutto ciò che avevano. Sarebbero andati in Norvegia per aiutare il fratello. Poche settimane dopo un aereo li portò a Oslo. Si affrettarono dall’aeroporto alla città e poi 25 miglia lungo il fiordo dove viveva il fratello malato. Era davvero in cattive condizioni. Sfortunatamente, però, tutti lo vedevano tranne lui. Non voleva saperne di AA, di quelle sciocchezze americane. Lui un alcolista? Ma certo che no! Naturalmente l’uomo di Greenwich aveva sentito obiezioni simili prima. Ma ora quell’argomento familiare era difficile da accettare. Forse aveva venduto tutto ciò che aveva senza alcun vantaggio per nessuno. George insistette il più possibile, ma alla fine capì che era inutile. Determinato a fondare comunque un Gruppo AA in Norvegia, iniziò a fare il giro del clero e dei medici di Oslo. Non successe nulla, nessuno di loro gli offrì un solo possibile candidato. Molto scoraggiato, lui e sua moglie pensarono che fosse ora di tornare nel Connecticut.

Ma la Provvidenza intervenne. Il ribelle norvegese si lasciò andare a una delle sue fantasticherie periodiche. Nell’angoscia finale dei postumi della sbornia, gridò all’uomo di Greenwich: “Raccontami ancora degli Alcolisti Anonimi, cosa, oh fratello mio, devo fare?”

Con perfetta semplicità, George ripercorse la storia di AA. Quando ebbe finito, scrisse a mano, nel suo norvegese quasi dimenticato, una traduzione di un piccolo opuscolo pubblicato dal Gruppo di White Plains, N.Y. Conteneva, ovviamente, i nostri Dodici Passi della guarigione. La famiglia del Connecticut poi volò a casa. Il fratello norvegese, lui stesso tipografo, cominciò a inserire piccoli annunci sui giornali di Oslo. Spiegò di essere un alcolista in recupero che desiderava aiutare gli altri. Alla fine apparve un possibile candidato. Quando al nuovo arrivato fu raccontata la storia e mostrato l’opuscolo di White Plains, anche lui smise di bere all’istante. I futuri fondatori inserirono altri annunci.

Tre anni dopo, Lois ed io atterrammo sullo stesso aeroporto. Apprendemmo allora che la Norvegia aveva centinaia di AA. E bravi. Gli uomini di Oslo avevano già portato la notizia luminosa in altre città norvegesi, e quei fari ardevano intensamente. Era stato tutto così semplice, ma anche così misterioso.

Nei momenti finali della nostro storico Convegno, sembrò appropriato leggere dall’ultimo capitolo di Alcolisti Anonimi. Queste furono le parole che ci portammo a casa:

“Abbandonatevi a Dio come voi Lo intendete. Ammettete a Lui e ai vostri simili i vostri difetti. Eliminate le macerie del vostro passato. Condividete generosamente ciò che trovate, e unitevi a noi. Noi saremo con voi, nella Comunità dello Spirito, e certamente incontrerete alcuni di noi mentre percorrete la strada del destino felice. Che Dio vi benedica e vi protegga — fino ad allora.”


Indice delle pagine della storia di AA


Come in tante cose, specialmente per noi alcolisti, la nostra Storia è il nostro Bene Più Prezioso! Ognuno di noi è arrivato alla porta di AA con un’intensa e lunga “Storia di Cose Che Non Funzionano”. Oggi, in AA e nella Recupero, la nostra Storia si è arricchita di un’intensa e lunga “Storia di Cose Che FUNZIONANO!” E non rimpiangeremo il passato né vorremo chiuderci la porta alle spalle!

ABC del recupero

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